Il gatto e            gli involtini                    primavera

Laura     racconta    

C’era una volta… una volta soltanto? C’era, e forse c’è ancora, un gatto nero. Questo gatto, un po’ strano a dire il vero, non beveva il latte perché da piccolo aveva fatto indigestione e non mangiava i topi perché li trovava antipatici e con forte odore di formaggio che, come sapete, viene ricavato dal latte. Mangerà i croccantini, direte voi! E invece no; il nostro gatto era un grosso frequentatore delle rosticcerie cinesi. A volte s’ingozzava di riso alla cantonese, a volte di bambù e anacardi. Ma la specialità che preferiva erano gli involtini primavera. Al solo pensiero si leccava i baffi. Un bel giorno… ma era veramente un bel giorno? Forse no, perché pioveva! Ad ogni modo il gatto nero correva lungo un marciapiede alla ricerca di un riparo e borbottava assai tra i denti perché i felini, è noto, non amano l’acqua.

“Inconfondibile!” pensò “involtini primavera di prima categoria!” Guidato dall’olfatto giunse ad una finestrella. L’apertura era a pochi centimetri d’altezza dal marciapiede cosicché fu facile per il gatto guardarci dentro. Era tutto buio. Sembrava che non ci fosse nessuno. Ma non c’erano dubbi: l’odore proveniva da lì. Secondo voi il gatto suonò il campanello? O forse prima di saltare dentro chiese il permesso? Neanche per idea! Con un balzo atterrò in quella che pareva una vecchia cantina. Biciclette rotte, vecchi giocattoli e tante ragnatele costituivano l’arredamento più bizzarro che si potesse immaginare quando la fame si fa sentire. Ma il nostro gatto non si formalizzava più di tanto: anche se il servizio lasciava un po’ a desiderare, l’importante era che il pasto non tradisse le sue aspettative.

“Un cliente mamma!” squittì il topino.

Mamma topo impallidì per lo spavento, ma quando si accorse che il gatto nero era più turbato di lei, prese in mano la situazione: “Che fortuna !” esclamò “Lei è il cliente numero cento e come da regolamento del nostro modesto ristorante, ha vinto una cena! Si accomodi lì; mio figlio apparecchierà subito la tavola ed io le servirò la nostra specialità, che è la più famosa di tutta la città. Non si preoccupi, anche le bevande sono comprese e perfino il dolce. Mia nonna diceva che una cena non è una cena se non finisce con il taglio di una torta. E mio nonno precisava che una cena non è una cena se non c’è un buon bicchiere di vino a fare compagnia.

 

Ma la mia mamma, che ha studiato nella scuola alberghiera, ogni volta affermava che anche l’occhio vuole la sua parte perciò io ho imparato la lezione alla perfezione: la tovaglia è ricamata, la candela è profumata, il piatto e ben guarnito… ecco a lei e buon appetito!”Il gatto nero aveva gli occhi sbarrati che fissavano una porzione di involtini primavera. Gli orecchi gli ronzavano dopo tutte quelle chiacchiere. Non aveva ancora aperto bocca a causa dello stupore, ma a quel punto pensò che forse era il caso di aprirla per cominciare a mangiare. A fine cena, quando un delicato aroma di caffè aleggiava nella cantina, il gatto conosceva la storia della famiglia di mamma topo fino alla settima generazione.“Che simpatica!” pensò “E poi è proprio brava in cucina.”

Topino andò a letto perché era tardi e il giorno dopo doveva andare a scuola. Mamma topo e il gatto, invece, non avevano sonno; così il gatto nero sedette ad un pianoforte bianco e suonò vecchie canzoni e mamma topo cantò e ballò fino a tardi. Prima di addormentarsi il gatto nero comprese che non avrebbe potuto più fare a meno della cucina di mamma topo, cosicché decisero di mettersi in società ed ampliare il ristorante.

Come faccio a sapere questa storia, dite? E’ presto detto. Un giorno sono arrivata in questa città e non sapendo dove andare a cena ho consultato la mia guida. Tra i ristoranti consigliati vi trovai: ‘DA GATTO NERO – Specialità di Mamma Topo’. Quello che non c’era scritto è che potevi contare sulla compagnia di una cuoca un po’ chiacchierona!  

 

 

 

 

 

 

 

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