Nonna                                 Monty  

 

 

Laura     racconta       

            

Oh no! Pinky stava mangiando le rose della signora Montanari. Aveva infilato il minuscolo musetto nella rete che divideva i giardini e mordicchiava tranquillamente le piante della vecchia signora brontolona.

“Pinky vieni via. Basta!” Ma Pinky si stava proprio divertendo e, con la zampina destra, raspava attorno alle piantine di fiori che ornavano il confine del giardino. Con lo sguardo preoccupato verso l’abitazione della vecchia signora, Alessio corse verso il cucciolo. “Sei una peste Pinky, vuoi che ci sgridino ancora?”

“E’ quello che dovrebbero fare più spesso i tuoi genitori. Ma ci penserò io ad informarli. Le mie piante stanno morendo e non riesco a sentire la televisione con quella bestia che abbaia dalla mattina alla sera! Chiamerò l’amministratore del condominio.”

Alessio abbassò gli occhi e si allontanò con il cane. “Vecchia strega” pensò. Ogni volta che giocava in giardino, da solo o con i suoi amici, la vecchia signora aveva qualcosa da dire. Era davvero cattiva. “I vecchi non sopportano i bambini”, poi rifletté, “a parte i nonni” concluse. Chissà se la signora Montanari aveva dei nipotini e chissà se a loro voleva bene o se li sgridava continuamente come faceva con tutti i bambini del vicinato. Ma non aveva mai visto nessuno, all’infuori di lei, in quel giardino.

Quella sera, a cena, ogni volta che squillava il telefono Alessio s’irrigidiva sulla seggiola e aspettava che la mamma e il papà, stremati ed innervositi dopo il lungo sermone, tornassero in cucina con qualche ammonimento per lui ed il suo Pinky. Ma venne l’ora di andare a letto e tutto era andato liscio.

Il pomeriggio successivo, dopo la scuola, Niccolò e Matteo vennero a giocare a casa di Alessio. Dopo aver fatto merenda, scesero in giardino a giocare a calcio. Non erano passati neanche cinque minuti quando Niccolò, con un calcio poderoso, mandò il pallone al di là della rete. Il pallone atterrò al centro dell’aiuola di primule e giacque immobile e minaccioso e l’atmosfera si fece di ghiaccio. Alessio rimase in attesa delle grida della vecchia signora, ma non successe nulla. Guardò le piantine distrutte e pensò che, questa volta, la telefonata sarebbe arrivata di sicuro. Provarono ad infilare il manico del rastrello attraverso il reticolato, ma era troppo corto e non c’era altro modo per raggiungere il pallone se non quello di scavalcare la rete e andare a prenderlo. L’impresa era rischiosa. Matteo si offrì come volontario. Raggiunse l’aiuola ma, con grande sorpresa di Alessio, invece di tornare verso la rete, si avvicinò alla casa. Spinto dalla curiosità di vedere cosa stesse facendo quella donna insopportabile, si fece sempre più ardito ed appoggiò la fronte al vetro della finestra facendosi schermo con le mani per vedere all’interno. Il suo cuore cessò di battere per poi riprendere impazzito. Corse via senza preoccuparsi del rumore che faceva. Scavalcò la rete e continuò a correre. Quando si fermò Niccolò e Alessio gli chiesero cosa avesse visto. Matteo si fece coraggio e rispose: “E’ distesa in terra e non si muove; non avevo mai visto un morto.”

Cosa fare? Avvisando la baby-sitter avrebbero dovuto raccontare che erano andati nell’altro giardino e questo era proibito nel modo più assoluto. Ma il buon senso ebbe la meglio sulla paura. La baby-sitter non li sgridò. Corse al telefono e chiamò un’ambulanza.

Quella sera, a cena, il papà e la mamma dissero ad Alessio che non avrebbe dovuto disubbidire scavalcando la rete o permettendo ad altri di farlo. Aggiunsero che, comunque, erano orgogliosi che avesse avuto il coraggio di dire tutto alla baby-sitter, perché questo aveva consentito ai medici di salvare la vita della signora Montanari che, in realtà, non era morta, ma soltanto malata.

Il giorno successivo andarono a trovarla all’ospedale. La donna era distesa nel letto. Aprì gli occhi ed il suo viso s’illuminò per la prima volta di un sorriso e Alessio acquistò un po’ di coraggio. Mamma e papà le chiesero se dovevano avvisare qualcuno della sua degenza in ospedale. Lei rispose che aveva un figlio in America ed uno a Milano. Aveva quattro nipoti, di cui uno piccolo. No, non era il caso di preoccupare nessuno: non avrebbero comunque potuto raggiungerla.

Quando la signora Montanari tornò dall’ospedale, Alessio e i suoi genitori andarono spesso a trovarla, a farle la spesa e a cucinare per lei. La Signora raccontò, a poco a poco, che non aveva mai incontrato i suoi nipoti che vivevano in America, che li aveva visti solo in fotografia e sentiti al telefono. Disse che era tanto triste per questo, che avrebbe voluto vederli crescere e giocare qualche volta nel suo giardino. I nipotini di Milano li vedeva una volta all’anno, per Natale.Un giorno la mamma spiegò ad Alessio che la signora Montanari non era una vecchia strega, ma una persona che aveva sofferto molto e non per una malattia, bensì per qualcosa che può essere peggio di un malanno: aveva sofferto per la solitudine. Il dolore l’aveva allontanata sempre più dalle altre persone, in particolare da quelle che le ricordavano il motivo della sua sofferenza, cioè dai bambini. La mamma disse ancora che la signora avrebbe voluto che qualche volta Alessio ed i suoi amici andassero a giocare nel suo giardino e che lei avrebbe preparato loro una torta al cioccolato.

Fu così che «la vecchia strega brontolona» divenne per i bambini del quartiere «Nonna Monty» e non si sentì più sola.

Passarono gli anni e i bambini crebbero. Adesso erano ragazzi e non giocavano più nel giardino di Nonna Monty, ma andavano a trovarla spesso e talvolta venivano accompagnati dalle loro fidanzate. L’anziana signora ascoltava le loro storie d’amore ed i loro problemi e gioiva e soffriva con loro. Era felice del calore che riceveva da quelle visite.

Il sorriso che aveva illuminato il viso di Nonna Monty quel lontano giorno in ospedale, non si spense mai più e brilla ancora adesso dalla foto nel cimitero dove il bimbo di Alessio sta infilando un mazzo di fiori nel vaso.   

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